domenica 12 dicembre 2010

dodici dicembre millenovecentosessantanove: una testimonianza edita




Diceva James Graham Ballard:  "Anche la peggior fantascienza è migliore della miglior letteratura convenzionale. Il futuro è una chiave d'accesso al presente più efficace del passato.". Quando Giorgio Manganelli scriveva questa pagina, nel millenovecentosettantatanove, stava cercando una chiave d'accesso al passato, che per lui era un passato prossimo illuminato di luce livida, pieno di urla e di furore come un racconto di fantasmi narrato da un idiota. 



Nella sua ricerca lo aiutava la fantascienza italiana, o meglio quello che era la fantascienza in Italia: la fantascienza che abbiamo imparato a conoscere con Urania, con "Galassia", con Fruttero e Lucentini e con Vittorio Curtoni e (pare fantascientifico dirlo ora)  con Diego Gabutti. Che dalla prima pubblicazioone di questa pagina ad oggi, trentun anni dopo, non sia cambiato praticamente nulla, che le parole di Manfganelli risultino ancora più atrocemente esatte nel duemiladieci che nel settantanove, dimostra che aveva ragione Ballard; o forse dimostra che certi schianti nella storia civile e politica di quest'isola chiamata Terra sono isolati dal continuum spazio-temporarle: dimostra, insomma, che certe volte viviamo in un romanzo di Philip K. Dick.
 


La foto di apertura è di Man Ray, si intitola Allevamento di polvere, ed è una ripresa del Grande Vetro di Marcel Duchamp