lunedì 18 gennaio 2010

Giochi di Vertigine (La prisonnière, di Henri-Georges Clouzot, 1969)






A guardarle oggi, le carinerie dell'optical art e dell'arte cinetica ci appaiono un bel fenomeno di moda, un attraente quanto effimera icona di modernariato, perfetta per arredare le copertine degli Stereolab (dopo esser passte per il tritacarne dei Faust) o l'immaginario neo-nouvelle vague.
Nè tanto diversa dovettero apparire all'epoca: una spece di oasi riposante, frivola e snob tra le provocazioni giocose ma assertive dei nouveau réalistes e i post-dadaismi duchampiani e irridenti di Fluxus.



Ci voleva un elegante crudele bastardo come Henri-Georges Clouzot per mettere a nudo, sotto la patina del pret-a-porter, che cosa realmente celavano le illusioni ottiche di Vasarely, Bridget Riley e compagni. L'op Art era, ridotta all'osso, nè più ne meno che un GIOCO DI VERTIGINE di quelli cari a Roger Caillois, e poteva diventare altrettanto perturbante del surrealismo di cui era intessuto il cinema di Bunuel -ma anche di certo Hitchcock.
  La prisonnière (Henri Georges Clouzot, 1969)
 Vertigo (Alfred Hitchcock, 1956)

La fotografia e il cinema, riproduzioni oggettive della realtà ma anche loro letale distorsione,  secondo le geometrie del desiderio, come ben sapevano l'Antonioni di Blow-Up e il Michael Powell di Peeping tom, ingaggiano qui un mortale corpo a corpo con le gabbie a perdita d'occhio e gli sfasamenti retinici dell'op-art: una lotta che termina in un letto d'ospedale come il Polanssky atroce di Le locataire. Come se il cielo che illumina i vostri sogni fosse un accecante codice a barre...




giovedì 14 gennaio 2010

Marcel DuCramps

I Cramps fecero uscire Flame Job nel 1994, dopo tre anni di silenzio dal precedente Look Mum no head! Come da un po' di tempo, nessuno si aspettava troppo da loro, tranne gli Avvertiti (quorum ego) che, comunque si aspettavano abbastanza.
E abbastanza fu: non solo per lo sfavillante vinile rosso che faceva capolino da una copertina  fetish  con tanto di fiamma ossidrica (Poison Ivy-Rorschach in excelsis!), ma anche, e soprattutto per me, per la citazione sul retro della copertina.

Sissignore, Man Ray in un disco Psychobilly! Dunque anche i Cramps avevano gettato la maschera: non erano soltanto degli archeologi militanti di pulsioni primordiali(Sesso droga rock and roll e paura), ma anche dei maturi, consapevoli intellettuali che rileggevano con sei corde e un distorsore i Sacri Testi delle avanguardie storiche.
 Tutto appare ancora più chiaro alla fine della prima facciata: Naked Girl falling down the Stairs è il perfetto anello mancante tra il Nu descendant un escalier di Marcel Duchamp e una scena tagliata di un film di Russ Meyer, magari Faster Pussicat Kill! Kill!, mentre il video gioca con minimale understatement tra suggestioni op-art, design anni sessanta e sexploitation. Ma non è finita qui: a chiudere il disco c'è una sepolcrale, spasmodica Route Sixty-six che si candida prima inter pares tra le innumerevoli versioni del classico di Chuck Berry.  Quando, un anno fa circa, ha incontrato Lux Interior, Marcel Duchamp ha sorriso e ringraziato. Di sicuro.

lunedì 11 gennaio 2010

Wordscape

Due parole su Wordscape: l'idea che sta dietro è quella di guardare alla pagina scritta come se fosse un paesaggio di parole, e come tale fotografarla: e dunque talvolta con il cavalletto, aspettando la luce giusta, ma talvolta anche dal finestrino di un auto in corsa o con la partecipe distrazione di chi passeggia, o ancora  o -perche no?- "come cadendo dalla tromba delle scale". Quello che si perde in pulizia e leggibilità verrà -spero- risarcito dall'immediatezza, dal sapore del morso dell'occhio nella polpa della parola.


venerdì 8 gennaio 2010

Cocktail Maldoror: SLOOP JOHN B(osch)






Hyeronimus Bosch, La nave dei folli, tempera su tavola, ultimo decennio del XV secolo. Parigi, Muséee du Louvre.



                                                                                                           
The Beach Boys, Sloop John B (Traditional). Copertina del singolo (Capitol records, 1965). Brian Wilson è il quarto da sinistra.


 Nel suo assalto al cielo della perfetta canzone pop Brian Wilson scambia la tavola da surf (che peraltro non aveva mai imparato a cavalcare) per il brigantino John B. Soltanto l'anno dopo, con Smile, il più importante e doloroso naufragio della musica pop, apparirà chiaro che il vecchio Sloop John B del Kingston Trio era, nè più ne meno, la  Narrenschiff di Sebastian Brant e di Hyeronimus Bosch -con buona pace di altri pretendenti al titolo (The doors, Grateful Dead, John Cale meglio di tutti). Tanti anni dopo, David Thomas dei Pere Ubu paga in parte il suo debito in un raro CD+, dove tra l'altro si può ascoltare una fantastica versione patafisica del pezzo e leggere come e qualmente il luminoso immaginario della California dei Beach Boys (Brian Wilson fu senz'altro il più grande architetto di miti di tutto il pop, insieme al'amato Phil Spector) distasse appena un passo dalla Cleveland del disastro postindustiale alla metà degli anni Settanta--Infin che l'mar non fu sovra noi richiuuso.

"It’s the [Sloop John B.] third verse  that clinches it. The cook goes nuts, throws the grits (or grip!) overboard & eats all the food. The bass drives across the last chorus & transports you to the rolling deck of a ship of fools. Staring at the horizon you see in vision that this ship of fool is what the world is like."
David Thomas, The Beach Boys See Dee plus